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I redditi degli italiani crescono, ma l’inflazione li brucia. Portofino nuova “capitale” della ricchezza, nelle città forbici ampie
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24 Apr 2024
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Attualità, Economia, Data Management
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Aumentano i redditi, ma l’inflazione corre più veloce. I nuovi dati diffusi dal ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), riferiti all’anno d’imposta, indicano un balzo deciso nella ricchezza degli italiani: il reddito medio si è attestato a 21.752 euro, cioè 1.007 euro in più dei 20.745 euro del 2021, segnando così l’aumento più forte da almeno 15 anni a questa parte. Se i redditi hanno evidenziato un incremento su base annua del 4,85%, la loro progressione è stata però totalmente erosa da un’inflazione che nel 2022 si era attestata all’8,1% (fonte Istat).
L’exploit di Portofino e il primato milanese
La geografia dei redditi consegna novità e sorprese. È ora Portofino (Genova) il comune più “ricco” d’Italia, con un exploit da record: il borgo della Riviera ligure ha registrato nel 2022 un reddito pro capite di 90.610, più che raddoppiato rispetto ai 39.200 euro del 2021 (+131%). Scivola così al secondo posto Lajatico (Pisa), con un valore sostanzialmente stabile di 52.955 euro (contro i 52.378 euro del 2022), mentre Basiglio (Milano) completa il podio a quota 49.524 euro (contro i 44.849 euro del 2021). La “rivelazione” è Briaglia (Cuneo), che nella graduatoria nazionale scala ben 1.039 posizioni in dodici mesi e si piazza al quarto posto con un reddito pro capite di 43.475 euro, in aumento del 95,2% rispetto ai 22.271 euro dell’anno precedente.
La top-ten rivela due new entry: il 9° posto è ora occupato da Pino Torinese (Torino, lo scorso anno era 12a) e al 10° posto c’è Milano, l’unico capoluogo a spingersi così in alto, proprio la città metropolitana di Milano conta ben 4 comuni tra i primi dieci più ricchi.
Anche a distanza di tempo, il 2022 rappresenta un’interessante prospettiva d’analisi per almeno due motivi: superata la crisi pandemica, è stato l’anno del sostanziale ritorno alla normalità anche da un punto di vista delle attività economiche e sociali; al tempo stesso, il 2022 è stato tuttavia segnato dall’invasione russa in Ucraina e dall’inizio di una guerra dalle pesanti ricadute anche economiche, a partire dall’accelerazione dei prezzi dei beni di consumo all’escalation dei costi energetici.
Un Paese (sempre) diviso in due
Dai dati emerge la fotografia di un Paese che non riesce a riparare le storiche fratture socio-economiche. La forbice tra Nord e Sud rimane ampia: la Lombardia resta stabilmente la regione col reddito pro capite più elevato (25.698 euro nel 2022, +1.126 euro rispetto al 2021), mentre il Trentino-Alto Adige sale al secondo posto (23.876 euro, +1.338 euro) superando l’Emilia-Romagna (23.713 euro, +982 euro). Nonostante valori in aumento, le regioni del Sud rimangono attardate: la Calabria resta la regione con i redditi pro capite più bassi (16.108 euro, +814 euro), seguita da Molise (17.049 euro, +819) e Puglia (17.230 euro, +849 euro).
Analogamente, le grandi città continuano a concentrare la maggior ricchezza: al netto dei casi peculiari dei borghi più ricchi, la tendenza è quella di un aumento del reddito all’aumentare della dimensione del comune. Guardando alla dimensione delle città, sono quelle oltre i 250mila abitanti a registrare i redditi pro capite più alti (26.694 euro), seguite dai centri tra i 100mila e i 250mila residenti (23.866 euro); sotto la media nazionale ci sono tutte le altre morfologie urbane, sino alla coda rappresentata dai comuni con meno di 5mila residenti (lì il reddito pro capite si ferma a 19.304 euro).
L’asse Milano-Monza-Bergamo
L’analisi delle città capoluogo di provincia consolida le gerarchie recenti e ribadisce il primato del cuore economico-produttivo della Lombardia. Milano resta saldamente il capoluogo col reddito pro capite più alto (35.282 euro), al secondo posto c’è Monza (31.362 euro), al terzo Bergamo (30.512 euro); la Lombardia conta altre due città (Pavia quarta, Lecco settima) nella top-ten dei capoluoghi, l’Emilia-Romagna ne conta in tutto tre (Parma ottava, Bologna nona, Modena decima) e il Veneto due (Treviso quinta, Padova sesta).
I quartieri delle grandi città: forbici ampie
I dati del Mef permettono di cogliere alcune differenze all’interno delle grandi città, sulla base dei dati reddituali suddivisi per CAP.
I primi tre quartieri più ricchi d’Italia si trovano tutti a Milano, contraddistinti dai CAP 20121 (la zona più centrale, tra Duomo e Brera: 94.369 euro), 20145 (dove sorge anche City Life: 83.768 euro) e 20123 (Missori, Sant’Ambrogio, Colonne di San Lorenzo: 74.232 euro). È invece a Palermo il quartiere più povero: nell’area della città che ha come CAP 90122, il reddito medio si ferma a 7.835 euro.
Nel quartiere più “ricco” d’Italia, il reddito medio è pari a circa 12 volte il reddito del quartiere più “povero” del Paese.
Focus Milano
A Milano il quartiere più “ricco” risulta quello circoscritto dal CAP 20121 (centro), dove si osserva un reddito medio di 94.369 euro, mentre i valori più bassi riguardano il CAP 20157 (zona Quarto Oggiaro, Sacco e aree limitrofe: 18.509 euro)
Nel complesso, 7 zone (CAP) su 38 superano i 50mila euro euro, 11 zone (CAP) si attestano tra i 30mila e i 50mila euro, 19 zone (CAP) tra i 20mila e i 30mila euro e una sola zona (appunto quella del CAP 20157) è al di sotto dei 20mila.
Il quartiere più “ricco” ha un reddito pari a circa 5 volte il reddito del quartiere più “povero”.
Focus Roma
Nella capitale, la forbice della ricchezza oscilla tra il reddito medio del CAP 00187 (rione Trevi, rione Ludovisi e aree limitrofe), che si attesta a 66.585 euro, e il minimo di 14.771 euro del CAP 00119 (Ostia antica).
Su un totale di 72 aree (CAP), 4 superano i 50mila euro di reddito medio, 24 si attestano nella fascia 30mila-50mila, 38 sono nel range 20mila-30mila e 5 al di sotto dei 20 mila.
Il quartiere più “ricco” ha un reddito pari a circa 4,5 volte il reddito del quartiere più “povero”.
Focus Napoli
A Napoli il primato spetta al CAP 80123 (Posillipo), dove il reddito medio sale a 44.911 euro, mentre il fanalino di coda è il CAP 80139 (via Carbonara, via Rosaroli, Borgo Sant’Antonio Abate), fermo a 12.695 euro (il secondo più “povero” d’Italia). La città è suddivisa in 25 CAP: 5 zone superano i 30mila euro (ma, a differenza delle altre città, nessun’area supera o si avvicina alla fascia dei 50mila euro), 6 si situano nella classe di reddito 20mila-30mila euro, 14 zone sono al di sotto dei 20mila euro.
Il quartiere più “ricco” ha un reddito pari a circa 3,5 volte il reddito del quartiere più “povero”.
Gli altri dati, in pillole
- I contribuenti salgono a 42.026.960, oltre mezzo milione in più rispetto ai 41.497.318, a conferma della buona dinamica occupazionale.
- Si amplia la “comunità dei paperoni”. Registrano un balzo significativo i contribuenti che dichiarano oltre 120mila euro: nel 2022 se ne sono contati 429.927, in aumento del 15,6% rispetto ai 371.868 del 2021.
- Il totale dei redditi in Italia ammonta a oltre 969 miliardi di euro: l’1% più ricco, cioè i 429.927 contribuenti che dichiarano più di 120mila euro, detengono quasi 97,7 miliardi di euro, cioè il 10,1% della ricchezza.
- I redditi crescono con velocità differenti a seconda della condizione professionale-occupazionale: i redditi da lavoro dipendente crescono da 21.497 a 22.284 euro (+3,7%), i redditi da pensione passano da 18.989 a 19,747 euro (+4%), i redditi da lavoro autonomo aumentano da 60.600 a 64.741 euro (+6,8%).
- Le entrate da imposte sui redditi delle persone fisiche (Irpef) salgono a 174,2 miliardi di euro, con un aumento di 3,2 miliardi; a questo gettito si aggiungono 13,9 miliardi di euro da addizionali regionali (+1 miliardo) e 5,8 miliardi di addizionali comunali (+470 milioni).
«I dati consegnano un aumento significativo dei redditi, a conferma della forte ripresa post-Covid. Tale incremento risulta tuttavia vanificato dalla dinamica inflattiva, che ha portato a una complessiva perdita del potere d’acquisto per contribuenti e famiglie. Restano evidenti le fratture storiche del Paese, tanto quella Nord-Sud quanto quella centro-periferia. Emergono poi ulteriori elementi d’analisi, da portare all’attenzione della politica per delineare scelte strategiche per i prossimi anni. In primis la redistribuzione dei redditi, per evitare che la ricchezza si concentri in una fascia ristretta di popolazione. Si pone poi il tema demografico, già evidente guardando alle aree interne: la progressiva riduzione della popolazione in età lavorativa e l’aumento dei pensionati renderà necessario individuare soluzioni per garantire la tenuta del sistema. In questo senso si apre la sfida dell’attrattività dei territori per favorire l’arrivo di giovani, attraverso una prospettiva di sistema che affronti non solo la questione salariale, ma anche con strumenti di welfare e servizi che compensino il gap con gli altri Paesi europei, favorendo una piena promozione della qualità della vita».