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Il calcio d’inizio? La diffusione del Covid dopo Atalanta-Valencia
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09 Nov 2020
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Atalanta-Valencia e la diffusione del Covid-19 nella Provincia di Bergamo
Il 18 marzo 2020 una fila di camion dell’Esercito trasportava le bare fuori dal cimitero di Bergamo, giunto ormai al collasso. Quell’immagine ha fatto il giro del mondo ed è diventata simbolo dell’epidemia di Covid-19 che ha investito il Paese. Cosa sia successo esattamente nella Provincia più colpita d’Italia è rimasto a lungo un mistero, a cui INTWIG ha cercato di dare risposta.
L'analisi della mortalità
A metà marzo abbiamo cominciato a lavorare all’analisi dei dati sulla sovramortalità da Covid-19 in Lombardia. Confrontando i decessi registrati dalle anagrafi con quelli degli anni precedenti abbiamo rilevato che le morti riconducibili a Covid erano molte di più rispetto a quelle raccontate dai bollettini ufficiali. Bergamo è risultata fin da subito un’eccezione difficile da spiegare. L’analisi dei dati ha mostrato chiaramente che la Provincia bergamasca è stata colpita da un’onda anomala di decessi che ha iniziato la sua salita prima che venisse dichiarata l’emergenza e deciso il lockdown nazionale.
Analizzando la mortalità storica di ciascun comune è emerso che le morti attribuibili al virus SarsCov2 in provincia di Bergamo siano state in realtà oltre 6.000, il doppio di quelle dichiarate ufficialmente (3.100). Sulla base di questo lavoro è stato possibile fare una stima dei contagi (effettuata utilizzando un tasso di letalità a 1,6), da cui è risultato che circa il 36% degli abitanti della provincia aveva contratto il virus, molto più di quanto verificatosi nel resto della Lombardia.
Questi dati sono stati recentemente confermati anche da una ricerca dell’Istituto Mario Negri di Bergamo pubblicata sulla rivista EBioMedicine (gruppo The Lancet). Secondo gli autori della ricerca, infatti, il 38,5% dei residenti in Provincia di Bergamo potrebbe aver contratto il virus SarsCov2. Dato, questo, che supera di gran lunga le stime per New York (19,9%), Londra (17,5%) e Madrid (11,3%), portando Bergamo al triste primato di essere una delle aree più colpite al mondo.
Sempre attraverso l’analisi di questi dati è possibile ricostruire le tempistiche della diffusione del virus e stabilire dove sia partito prima. Il lavoro compiuto dal nostro team sui dati Istat mostra che in alcuni comuni la mortalità avesse superato la media degli anni precedenti a partire da febbraio o addirittura da gennaio, come nel caso di Nembro.
L’analisi conferma quindi l’ipotesi che a febbraio ci fosse già qualche focolaio in Lombardia e che uno di questi, forse il più pericoloso, si fosse sviluppato nella zona di Alzano, Nembro, Albino e Villa di Serio (oltre a Zogno, Comune vicino ma di un’altra valle).
Perché Bergamo: il ruolo della partita Atalanta-Valencia
Il 19 febbraio, quando ancora non si immaginava cosa sarebbe accaduto poi, si è giocata Atalanta-Valencia, una partita molto attesa a Bergamo, ma che per ragioni di omologazione dello stadio venne giocata a Milano. Per cercare di capire se quell’evento possa avere involontariamente accelerato la diffusione del virus, INTWIG, in collaborazione con Report e Bergamonews, ha realizzato un’indagine tra i tifosi atalantini. Al sondaggio hanno risposto 3.402 bergamaschi che la sera del 19 febbraio erano presenti allo stadio.
I risultati dell’inchiesta sono chiari: oltre 1/5 dei tifosi intervistati (pari a 7.800-8.200 persone presenti allo stadio) ha dichiarato di aver avuto sintomi nelle due settimane successive all’evento. Una buona parte di questi ha poi effettuato un test, risultando positivo al Covid-19.
Le analisi sembrano dunque confermare l’ipotesi che la partita di Champions League possa essere stato un evento super-diffusore, consentendo al virus di contagiare migliaia di persone. L’ipotesi più credibile è che i contagi siano avvenuti durante il viaggio da Bergamo a Milano, negli assembramenti pre partita e nei festeggiamenti per la vittoria. Quanto possa aver pesato lo spostamento di 36 mila persone è chiaro anche dalle risposte degli intervistati: gran parte di questi si è mossa con pullman organizzati (19%) o in macchina con amici (67%), prendendo poi la metropolitana. Oggi sappiamo che questi contesti che ospitano una grande densità di soggetti che parlano ad alta voce, gridano e cantano sono terreno fertile per la trasmissione del Covid.
Un’ulteriore conferma dell’ipotesi è stata riscontrata dall’analisi dei dati forniti da Report sui biglietti venduti per comune. Lo studio evidenzia come la gran parte dei tifosi fosse concentrata nell’aera urbana di Bergamo e nelle valli e fossero invece relativamente meno presenti in tutta la fascia sud della provincia.
Integrando queste analisi con quelle precedenti sulla mortalità è possibile ipotizzare che la partita abbia permesso la diffusione da paesi come Nembro e Alzano (1.200 tifosi presenti) all’area urbana di Bergamo e alla Val Brembana, risparmiando zone come l’ambito di Treviglio e Romano di Lombardia – situate a sud della provincia – in cui la concentrazione di tifosi era al di sotto della media.
Più protezione nella seconda ondata
Proviamo a ricapitolare il susseguirsi degli eventi:
- a inizio anno il Covid arriva in Italia e inizia a circolare nei paesi della bassa Val Seriana;
- il 19 febbraio si svolge Atalanta-Valencia: evento unico in cui 36mila persone si spostano contemporaneamente senza alcun distanziamento;
- dopo la partita, oltre 1/5 dei tifosi sviluppa sintomi riconducibili al Covid, percentuale decisamente alta per un evento singolo.
Qual è la conseguenza di questa tempesta perfetta? il 6 marzo, due settimane dopo la partita, la mortalità della provincia di Bergamo sorpassa la media degli anni precedenti soprattutto nelle aree della bassa Val Seriana, della Val Brembana e dell’area urbana di Bergamo.
Qual è la dinamica del contagio? Una possibile risposta si trova nella serie di mappe riportate in quest’immagine che ricostruisce l’andamento del contagio dai primi di marzo fino a giugno (sulla base dell’extra mortalità). Come si vede il contagio si espande velocemente dai comuni citati in precedenza per coinvolgere tutta la parte centro settentrionale della provincia, esattamente quella in cui sono stati venduti un maggior numero di biglietti ogni 1.000 abitanti.
A distanza di 8 mesi da quella tragedia tuttavia i dati sembrano dare un segnale di speranza. Quelle terre sembrano avere acquisito una protezione maggiore dal virus. Se si confrontano i dati regionali del contagio della prima e della seconda ondata, infatti, si osserva come oggi il virus colpisca in maniera maggiore la zona ovest della Lombardia, dove nei primi mesi dell’anno era arrivato in maniera più contenuta.
Prima ondata