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Imprese e digitale in Italia: crescita, evoluzione e prospettive future

Imprese e digitale in Italia: crescita, evoluzione e prospettive future
PUBBLICATO

15 Giu 2023

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Attualità, Topic Monitoring

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Big data, Data Analysis, Digitalizzazione

L'analisi di INTWIG per Pianura Network sull’impatto delle tecnologie digitali nella trasformazione delle aziende, tra opportunità e prossime sfide

Le tecnologie digitali hanno pervaso quasi tutte le sfere della vita delle persone e dei settori economici. Hanno trasformato i modelli di business, i posti di lavoro e la produzione, stimolando la crescita e l’innovazione. Tra i settori che stanno vivendo con più intensità questo cambiamento ci sono il manifatturiero, i servizi finanziari, la sanità, la pubblica amministrazione e l’e-commerce. La pandemia, poi, ha velocizzato ulteriormente la trasformazione digitale, evidenziandone il potenziale per la società e l’economia: sostenere l’occupazione, la salute e l’istruzione, migliorare la tenuta economica delle imprese e contribuire alla sostenibilità.

In questo contesto, l’Europa ha fissato degli obiettivi comuni a tutti gli stati membri che dovrebbero contribuire in maniera sostanziale a questo processo di sviluppo.

Nel nostro Paese, è in corso una transizione digitale che mira a promuovere l’adozione di strumenti tecnologici in diversi settori dell’economia e della società. Grazie a questi investimenti nel settore, l’obiettivo finale è quello di migliorare l’efficienza, l’innovazione e la competitività del Paese.

Come noto, in Italia questo processo ha ricevuto un grande impulso con il Piano Nazionale Industria 4.0, lanciato dal governo nel 2016. Questo piano, infatti, ha l’obiettivo di promuovere l’adozione di tecnologie avanzate come l’IoT, la robotica e l’intelligenza artificiale in diversi settori industriali, tra cui manifatturiero, energia, trasporti e agricoltura.

In parallelo a questo progetto, il nostro Paese ha sviluppato anche una strategia nazionale per la digitalizzazione del settore pubblico, con l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi e rendere l’interazione con l’amministrazione pubblica più efficiente e user-friendly.

Sebbene l’Italia stia profondamente cambiando, ci sono ancora alcune sfide da affrontare per completare la transizione digitale, come ad esempio il progresso nel sopra citato processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e il miglioramento delle competenze digitali della popolazione.

L’Italia accelera più di tutti gli altri paesi europei nel processo di digitalizzazione

Dal 2014 la Commissione europea monitora i progressi compiuti dagli Stati membri nel settore digitale e pubblica relazioni annuali sull’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI). L’indice tiene conto di diversi fattori, come l’accesso alla banda larga, la connettività mobile, l’uso di internet, le competenze digitali della popolazione, l’integrazione delle tecnologie digitali nelle imprese e la digitalizzazione dei servizi pubblici.

Secondo l’ultima edizione, pubblicata nel 2022, l’Italia si trova al 18° posto su 27 paesi dell’UE, con un punteggio di 49,3 (3 punti sotto la media europea).

Seppure il risultato non restituisca uno scenario positivo, va sottolineato come il nostro Paese stia progressivamente recuperando posizioni (nel 2020 era al 25°posto) e ci si aspetta un’ulteriore accelerazione dovuta ai fondi previsti dal PNRR proprio per la digitalizzazione dei paesi UE.

Ma quali sono gli aspetti che più caratterizzano il trend del nostro Paese? Se come detto il nostro punteggio complessivo è infatti sotto la media europea, abbiamo invece valutazioni positive per quanto riguarda la connettività e l’integrazione delle tecnologie digitali, mentre siamo decisamente sotto la media per quanto riguarda i servizi pubblici digitali e soprattutto per quanto concerne il capitale umano (25° posto con un punteggio medio di 36,6 contro una media europea di 45,7).

Il nostro paese appare decisamente sotto la media su tutti gli aspetti sia in termini di competenze individuali che di competenze presenti/fornite dalle aziende. Ad esempio, solo il 46% dei nostri concittadini ha le competenze digitali di base, contro il 54% a livello europeo.

Sul recupero di questo gap si gioca gran parte dello sviluppo dei prossimi anni.

Imprese e digitale: un rapporto in profonda evoluzione

La trasformazione digitale interessa l’intero settore produttivo italiano ed europeo.

Per valutare il comportamento digitale delle imprese, l’Unione Europea considera 12 caratteristiche, che vanno a definire il Digital Intensity Index (DII), ossia un indice per identificare le aree di digitalizzazione nelle quali le imprese italiane incontrano maggiori difficoltà. Questo indicatore è composto dalle seguenti voci:

  • imprese con addetti connessi >50%
  • imprese che utilizzano IoT
  • imprese che utilizzano l’intelligenza artificiale
  • imprese che utilizzano ERP
  • imprese con social media
  • servizi cloud
  • velocità di download pari ad almeno 30 Mbit/s
  • Imprese che utilizzano CRM
  • imprese con vendite online >=1% dei ricavi
  • vendite web maggiori dell’1% dei ricavi e via web B2C maggiori del 10%
  • servizi cloud di livello intermedio e sofisticato
  • imprese con almeno due social media

Secondo questo studio, l’80% delle imprese con almeno 10 addetti si colloca ancora a un livello basso o molto basso d’adozione dell’ICT, non possedendo più di 6 requisiti tra quelli indicati in precedenza. Il restante 20% svolge invece almeno 7 delle 12 funzioni, posizionandosi su livelli alti di digitalizzazione.

Questo dato pone le nostre aziende in una buona posizione rispetto ai dati dei grandi paesi europei, ma molto ancora rimane da fare. Il punto dolente, infatti, è che le aziende italiane siano molto ben strutturate su tecnologie di basso livello, mentre sulla digitalizzazione di strumenti ad alto contenuto innovativo sono carenti o del tutto sprovviste.

Il 60,8% delle imprese con almeno 10 addetti, infatti, ha un livello di digitalizzazione ‘di base’ e occupa il 78,1% di addetti.

Va però osservato come solo il 6,2% delle imprese ha utilizzato sistemi di intelligenza artificiale per almeno una delle sette finalità proposte (8% la media UE), il 27,1% ha adottato un CRM, il 27,3% utilizza i social con buona intensità e il 32,3% utilizza un ERP.

È interessante notare come il livello di adozione delle tecnologie sia direttamente collegato alle dimensioni aziendali e come molto resti da fare alle PMI italiane ed europee.

Il divario è ancora più marcato su tecnologie più complesse, come ad esempio l’adozione di un ERP (Enterprise resource planning).

Le aziende da dieci a quarantanove addetti che utilizzano ERP, infatti, sono il 28%, mentre quelle con più di duecentocinquanta addetti sono quasi il 79%. Uno scarto consistente, forse dovuto ad un’idea di ottimizzazione ritenuta troppo complessa per le imprese medio-piccole. Lo stesso discorso vale anche per le tecnologie dell’intelligenza artificiale, che mostrano le peggiori percentuali di adozione.

A livello italiano incide molto la base territoriale di riferimento dell’azienda: il 65,3% delle imprese del Nord-Ovest, infatti, ha un livello base di digitalizzazione contro il 56,9% delle imprese del Sud.

Un settore in evoluzione e con ampi spazi di crescita

Se definiamo imprese digitali quelle aziende iscritte al Registro Imprese operanti in uno dei seguenti settori di attività economica (codice Ateco): edizione di software (58.2), produzione di software (62) ed elaborazione di dati (63.1), vediamo come questo settore sia in costante crescita ed evoluzione. Nel 2012 il numero di imprese digitali in Italia era poco più di 76 mila, mentre nel 2020 (ultimo dato disponibile) si è arrivati a oltre 88mila aziende operanti nel settore.

Quali sono, dunque, i limiti di accesso a queste tecnologie? Si pensa spesso che i costi e la complessità delle nuove tecnologie di analisi dei Big Data siano onerosi sia in termini di investimento economico che di tempo di implementazione.

In realtà, le nuove tecnologie – introdotte dal giusto partner e spesso basate su servizi in cloud o SaaS, sono molto più accessibili e efficaci di quanto si pensi.

In base ad alcune stime che abbiamo elaborato, infatti, questo approccio è efficace anche solo per rendere più rapida ed interattiva la reportistica aziendale, riducendo del 70% i tempi di produzione e di almeno 50% i costi necessari per realizzare report con metodi tradizionali.

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